#Terradifuoco » Fuoco: elemento vivo. Flaviana Frascogna ne parla per #terradifuoco
#terradifuoco è un nome provocatorio: a molti non è piaciuto nemmeno perchè troppo vicino a “terra dei fuochi” e il fuoco ormai per la Campania è solo distruzione. Eppure, non è così: il fuoco è stato sempre un elemento sacro, “mettere a fuoco qualcosa” vuol dire capirla, “mettere sul fuoco” qualcosa non vuol dire solo cuocere ma anche iniziare una discussione.
Ho chiesto quindi a Flaviana Frascogna, fotografa documentarista indipendente, cultrice degli insegnamenti di Etnofotografia ed Antropologia Visuale presso l’Università Federico Ii di Napoli.
Cos’è il fuoco in antropologia?
Il fuoco più che componente naturale in antropologia credo che assuma valore come una realtà sociale ossia un fuoco dotato di significati e simboli. La paura del fuoco già nel bambino è anticipata da esperienze sociali, da raccomandazioni ad essere prudenti. Il potere attribuito al fuoco è multiplo: chi lo considera apotropaico, chi crede tenga lontano gli spiriti ed i malefici, chi lo ritiene purificatore, chi gli attribuisce un potere terapeutico e chi dimostra la sua incertezza al riguardo. Il fuoco è stato eccezionalmente utile nell’evoluzione culturale umana, ma non si lascia usare né facilmente né senza rischio. È domestico e fa paura, conforta e incenerisce. Più del linguaggio e dell’uso degli strumenti la capacità di “maneggiarlo” è esclusivamente umana ed ha reso possibile per la specie umana cambiamenti fisici: cuocere e conservare il cibo ha comportato un cambiamento nell’apparato scheletrico della nostra specie. Cambiamenti sociali e relazionali: il fuoco è un archetipo che per millenni ha rappresentato e rappresenta, un elemento ed un momento attorno al quale l’uomo si riunisce insieme ai suoi cari per scaldarsi e per relazionarsi tra sé e sé e con i suoi simili di consegueza la possibiltà di controllare il fuoco ha fatto si che la specie umana non sia più in totale balia del mondo naturale ed assuma una posizione di privilegio.
Cos’è il “fuoco” nella fotografia?
Tecnicamente in fotografia il termine fuoco, o più correttamente “messa a fuoco”, vuol dire far coincidere il piano focale con la superficie del sensore o della pellicola.
Ma il fuoco in fotografia che credo sia più interessante è quello che richiama il nostro scopo del fotografare. Cosa e come comunicare attraverso la fotografia, chi fotografare e come. Come proporre il nostro punto di vista all’universo. Come collegare la nostra visone più intima ad interlocutori diversi ed altri da noi.
Credo che l’antropologia possa essere di grande aiuto anche per questo tipo di messa a fuoco, per individuare un metodo per focalizzare i nostri soggetti. Questo ci porta inevitabilmente ad avere un’idea più chiara e personale delle cose che ci circondano ma anche una conoscenza pi approfondita di noi stessi: le nostre insicurezze, i nostri limiti e le nostre paure. Quindi il fuoco in fotografia può anche essere la maniera di dare senso al proprio pensiero e fare proprio un modo di guardare che credo sia più importante dello stile che molti fotografi cercano costantemente.
Cos’è per te nelle tue foto?
Per me il fuoco delle mie foto è la narrazione che parte da me per arrivare agli altri. La fotografia per me prende forma come una dimensione senza tempo nonostante il genere di immagini che mi piace realizzare è legato alla fotografia documentaria. Mi piace pensare che la fotto che scatto, anche se statica, abbia un prima ed un dopo. Studiare antropologia mi ha aiutato ha poter mediare il passaggio dalla sfera personale a quella universale. Mi piace partire dal racconto di una storia che possa darmi e dare delle informazioni sul vissuto collettivo di un luogo e dei soggetti che lo abitano.
Nel mio ultimo progetto sul Vesuvio, sulla vita intorno al vulcano, in quella che viene chiamata la Zona Rossa non sto raccontando una storia specifica ma un tema più ampio e a lungo termine. Sto cercando di entrare in relazione con ciò che accade intorno a me senza dover ricorrere a schemi specifici. Fotografo e documento luoghi, paesaggi, persone e foto d’epoca per cercare di raccontare la storia e le vicende proprie di questo territtorio e l’identità racchiusa in piccole storie che hanno anche un valore più ampio. Cerco di farmi guidare dal contesto e di lasciarmi arricchire dalle situazioni senza seguire un copione nella speranza di far emergere anche aspetti importanti del mio vissuto e del mio immaginario. Questo accade soprattutto quando riesco a trasferire nel linguaggio fotografico, anche altre forme di espressione di altri linguaggi, come il cinema e la letteratura.