StoryTelling » 9 maggio, Liberato. Intervista a Sarah Galmuzzi
Liberato: 5 pezzi, 5 interviste a testimoni privilegiati.
Dopo tutto, è (stato il) 9 maggio.
Sarah Galmuzzi, content specialist, blogger, ma anche acuta osservatrice dei “gusti” degli altri.
Tu, di Liberato e del suo anonimato, rimasto tale anche dopo il Concerto di ieri sera, che ne pensi?
In tanti sul web, in queste ore, hanno associato Liberato alla scrittrice Elena Ferrante, trovo tuttavia che ci sia una profonda differenza tra i due modi di vivere questo anonimato: Liberato non si nasconde dietro l’elegante silenzio di una casa editrice, lui ostenta il suo cappuccio, è una preda che gioca ad essere rincorsa, è impregnato di quella stessa cultura che è già di molti writers: Liberato è un giustiziere di strada. Il suo personaggio e tutto il mondo attorno ad esso, mi ricorda molto il lavoro di un duo torinese, Botto&Bruno: la coppia di artisti concentra la sua produzione su cieli cupi e periferie urbane in cui la presenza umana è rappresentata solo da giovani incappucciati.
I video, la musica, tutto ha uno stile ormai ben delineato e fortemente brandizzato: credi che rispecchi i reali gusti dei giovani (non solo napoletani) o che miri ad orientarli?
Se sia una musica che rispecchi o meno i gusti dei giovani, sono la persona meno titolata a dirlo per ben due ragioni: 1) non sono giovane, 2) non capisco niente di musica.
Però sì, sono un’osservatrice bulimica e il fenomeno Liberato mi piace e mi diverte.
Mi piace perché è orecchiabile, poco impegnativo, carnale, elettronico quanto basta per posizionarsi a un livello di esoticità che automaticamente lo sprovincializza.
Eppure è terrone, terrone vero, la città e il suo dialetto sono i veri protagonisti della sua musica.
Secondo te, chi sente Liberato e perchè?
Chi ascolti Liberato non lo so, non credo tuttavia siano i ragazzini, piuttosto quelli della mia generazione o poco più giovani (io ho 41 anni portati incredibilmente bene ) da un lato orfani di un mai abbastanza compianto Pino Daniele che ha avuto il merito di internazionalizzare un certo tipo di canzone napoletana gonfiando i nostri petti di orgoglio campanilistico; e dall’altro impegnati nella crociata contro i neomelodici, rei di farsi interpreti di una musica napoletana nella quale mai vorremmo essere identificati.
Pensi che sia un fenomeno nato dal basso o calato dall’alto?
Liberato l’alieno ci insegna una gran lezione: a un anno dalla sua epifania non sappiamo ancora se quello che ci intriga di più sono le sue sonorità elettroniche o il colore di quegli occhi che non vedremo mai. C’è un grande, enorme lavoro di scrittura che sottende alla creazione del suo personaggio: che sia studiato a tavolino, o felicemente intuito, ha sicuramente fatto centro.
Infine la domanda a bruciapelo: ma tu un cd di liberato o il biglietto di un concerto lo compreresti?
No.