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Partire per le vacanze è uno di quei momenti tipici che, estate dopo estate, si ripete eppure non è mai uguale.
Mi ricordo quando partivo da
bambina, e percepivo le vacanze come lunghissime, perchè stavamo prima un pò al mare con
mamma e poi facevamo un viaggio quando anche papà prendeva le ferie. Ricordo ancora la felicità del week end, quando la famiglia si riuniva e le ricerche che mamma mi ha fatto fare quando a 11 siamo andati nel Peloponneso: lei, intelligentemente, mi aveva fatto leggere (dall’ enciclopedia: internet non esisteva!) tutta la storia dei monumenti che avremmo visitato, i miti e le storie connessi a Epidauro, Atene, Micene…L’emozione di quando poi ho calcato quelle terre è ancora viva in me; ricordo che scrivevo dei diari di viaggio e che al ritorno li rileggevo avidamente, come se quei viaggi non li avessi fatti davvero io. Ho memoria anche di un’estate in montagna (credo nel ’90) e dell’assoluto senso di libertà e tranquillità: da allora, penso sempre che prima o poi “tradirò” il mare e deciderò di trascorrere un periodo sulle Dolomiti e sulle Alpi.
Con la morte del mio papà sono cambiate un bel pò di cose. In vacanza la sua mancanza diventava lancinante: l’estate è anche il momento tradizionalmente dedicato alle famiglie felici ed unite, almeno fino ad una certa età, e quindi la nostra diversità di “famiglia a metà” diventava più evidente e dolorosa.
Poi per fortuna è arrivata l’adolescenza ed insieme ai turbamenti sono arrivati gli amori e gli scherzi di comitiva, i falò e i primi baci. Questa parte la salto, perchè penso che di schitarrate al chiaro di luna sono pieni i ricordi di tutti, così come dei primi approcci sui lettini umidi della spiaggia di notte. Eppure, nonostante la loro “normalità” (o forse proprio per quello) ho un ricordo meraviglioso di quelle vacanze, compresi i pianti finali e la malinconia dei ritorni cittadini, in settembre.
L’estate che ha segnato la fine dell’adolescenza è stata quella del primo viaggio sola col fidanzato di allora (pochi giorni, che sembrarono eterni per la loro poesia), che poi sarebbe il DoubleC di oggi, viaggio che riuscii a fare imbrogliando mia mamma. La Croazia mi è rimasta nel cuore, e anche se il “vero” matrimonio è avvenuto qualche anno dopo, noi siamo soliti pensare di esserci sposati in una chiesetta sulla collina di Hvar, sulla strada che porta al Castello, dopo solo 3 mesi che ci conoscevamo. L’estate del viaggio di nozze è stata magica, il sole di mezzanotte, la Scandinavia, il Baltico. Un’esperienza che ripeterei altre mille volte. Le estati quiete degli anni scorsi, tra cinema all’aperto e grigliate, cercando di scoprirci coppia, ma anche famiglia.
E infine quest’estate qua, irreale e particolare, fresca come non me ne ricordo da tempo, ventilata e ariosa, placida ed emozionante. Un’estate di attesa e di trepidazione, di ansie e paure ma anche di ritmi lenti e riposini pomeridiani. Questa, è un’estate che non scorderò.