StoryTelling » Il sapore del caffè

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Ci sono 40 minuti al giorno che hanno sapore di caffè e null’altro.

40 minuti che vanno da San Giorgio a Cremano, a Via Partenope 36.

Un percorso di prima-seconda-terza e 100 diversi spaccati.

La periferia brutta di San Giovanni, frequentata dai ragazzi dei professionali, piena di gente fuori ai bar, sfaccendata, rassegnata, scocciata, vestita vistosa, vociante, incasinata, complicata, trafficata. Le marce -prima, seconda- la fine di “tutti pazzi per RDS”, poi Lorenzo, Marco Mengoni, Amy Winehouse canzoni da cantare a squarciagola entrando nel porto.

Guardare le navi cariche di container, poi quelle da crociera, sbirciare la destinazione delle gite, le facce dei turisti americani, tedeschi, San Martino compare sullo sfondo, Pino Daniele in sottofondo, l’aria si fa più calda, sale chiaro chiaro l’odore del caffè dai bar di Via Marina.

Il traffico, prima, ancora prima. Il venditore di fazzoletti, che vuole pulire il vetro, a cui regalo sempre una cosa dolce e quasi mai gli spiccioli, illudendomi che possa mangiarli lui e non darli a qualche padrone.

Il casino di Piazza Municipio, l’odore del caffè del Bar Mexico che sopraffà quello del mare, e il casino distrae e non permette di guardare il porto, o il Castello che si erge maschio e fiero.

La Galleria Vittoria, un buco nero enorme, da cui si emerge al Mattino, il giornale di Siani, un palazzetto rosso da cui scrissero “Fate presto” nel 1980 e poi da allora si fermarono, facendo poco o nulla per questa città. Poi giro a destra e compare il Corso Vittorio Emanuele, la piazza dei Martiri sullo sfondo, penso al caffè de La Caffettiera, con la napoletana e i cioccolattini a forma di macchinetta del caffè.

Ma è tardi e devo girare l’angolo, Piazza Vittoria, Posillipo sullo sfondo, troppo incasinato ancora per scorgere l’aria di mare, in bocca sta svanendo il sapore del caffè preso a casa, prima di scendere. La luce ora è tanta, sono passate le 9 e per via Chiatamone passano i professionisti e gli avvocati, con l’aria distinta ed elegante.

Lascio la macchina all’interno di una Grotta di Tufo che costeggia il castelletto costruito da un matto. Una grotta, dentro un palazzo, piena di macchine importanti, dove la mia 20enne utilitaria ammaccata sembra una bimba troppo piccola. Esco dal palazzo e sento l’odore salmastro.

E poi lo vedo, il mare.

Increspato, tranquillo, agitato, bianco, azzurro, viola, mormoriante, astioso, sereno.

Ogni giorno diverso.

Un pezzetto per volta scendendo via Dumas compare il castello. Il castello che io amo, quello che non è Maschio e a me piace pensare che è donna, visto che custodisce un uovo e su quello poggia e rende salda tutta la città. (Una città che poggia su un uovo, tanto già basta per amarla.)

Comunque, vedo il castello, il mare, respiro forte, fortissimo. Quel mare che non bagna Napoli nè per Elena Ferrante e nè per la Ortese. Quel mare che ci circonda e ci avvolge ed è l’unico odore che sovrasta il caffè e me lo fa dimenticare.

E oggi è lunedì, e il castello e il mare saranno lì a farmi compagnia, davanti al caffè, finché non li tradisco con un altro mare, fatto si scogliere alte e spiagge grandi.

 

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